22 febbraio 2006

Suor Marzia



C’e’ anche chi tenta di uscire dalla crisi. Oggi ho intervistato intellettuali, pacifisti somali, giornalisti liberi, donne in cerca di riscatto. E italiani coraggiosi.
Suor Marzia sta in Somalia da trentasei anni. E’ sarda, di Oristano. Con lei ci sono altre cinque suore italiane. Lavorano all’ “Sos Children Village”, un progetto umanitario austriaco. Per arrivarci bisogna attraversare il quartiere piu’ duro, pericoloso di una Mogadiscio pericolosissima: Wahar-Adde, zona nota per i sequestri, fino a un paio di mesi fa inaccessibile. Per fortuna la nostra forza militare incute rispetto e ci lasciano passare anche se a ogni angolo c’e’ tensione con sbandieramento nervoso di armi. Molto affollato e’ il reparto di ginecologia dell’ospedale. Le partorienti arrivano troppo tardi e sono necessari almeno sei parti cesarei al giorno, ma la meta’ vanno male. Troviamo suor Marzia che medica un bambino ustionato. Intorno a lei altre infermiere curano altri bambini. C’e’ la fila fuori la porta. Ne arrivano almeno dieci al giorno. Succede che le mamme lasciano i bambini vicini al fuoco: bruciarsi e’ fin troppo facile. Chiedo a suor Marzia di parlarmi qualche minuto. Ha un sorriso dolcissimo ma e’ decisa: “Ogni minuto che passo con te non lo dedico ai bambini. E loro hanno piu’ bisogno

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