22 settembre 2007

Chiude anche radio Shabelle

L’emittente indipendente somala ‘Radio Shabelle’ ha pubblicato oggi sul suo sito web un comunicato in cui denuncia la chiusura delle trasmissioni dopo il violento attacco subito nei giorni scorsi dalle forze armate del governo di transizione di Mogadiscio, che ha distrutto gran parte delle sue attrezzature. “E’ con tristezza che annunciamo la sospensione delle attività – recita il documento – poiché i colpi d’arma da fuoco sparati per oltre due ore e mezza contro i nostri uffici hanno provocato danni incalcolabili che ci impediscono di continuare ad operare”. L’attacco, definito dal direttore di Shabelle, Yusuf Mahmoud Abdimaaliki, “un attentato alla libertà di informazione nel paese”, è solo l’ultimo dei pericoli che “continuamente minacciano le nostre strutture e la vita dei nostri giornalisti”. Secondo Abdimaaliki, durante l’assedio di ieri alla redazione, gli oltre 30 tra giornalisti e membri dello staff presenti, si sono nascosti sotto i tavoli per sfuggire ai proiettili che entravano dalle finestre e le porte. Ancora uno dei tecnici della stazione radio sarebbe intrappolato nell’immobile circondato dall’esercito. “Facciamo appello ai giornalisti locali ed internazionali perché esercitino pressioni sul governo somalo al fine di far evacuare completamente lo stabile e garantire la libertà di espressione e informazione in Somalia”. Di fatto nelle ultime 24 ore l’emittente non ha effettuato alcuna trasmissione.

10 settembre 2007

Ancora morti tra i civili

Una madre e i suoi tre bambini sono stati uccisi la scorsa notte a Mogadiscio da un colpo di mortaio esploso sulla loro casa e lanciato dagli insorti somali. Lo affermano testimoni. L'attacco, destinato verosimilmente al palazzo presidenziale, ha mancato l'obiettivo ed e' caduto nel quartiere di Wardhigley, ha spiegato all'Afp un capo locale, Hussein Adan Luqman. "Tre colpi di mortaio sono caduti nel nostro quartiere: uno ha colpito un'abitazione, uccidendo quattro persone", ha aggiunto. "Penso che volessero colpire il palazzo presidenziale che non e' molto lontano", ha aggiunto ancora. Secondo un altro abitante del quartiere, Farah Mohamed Sahal, anche otto civili sono rimasti feriti dall'esplosione. Stando sempre a testimoni locali, altri quattro civili sono rimasti feriti nel quartiere di Gupta, nel nord della citta', quando le truppe etiopiche hanno risposto ad un attacco di mortaio. "Le due parti in lotta mancano i loro obiettivi e colpiscono le zone civli", ha commentato un abitante, Mohamed Ali. Le forze governative somale, sostenute dai loro alleati etiopici e la forza di pace dell'Unione africana non riescono a far cessare la guerriglia condotta dagli insorti, fra le cui fila sono inquadrati i militanti islamici cacciati da Mogadiscio otto mesi fa. Fino ad oggi, tutti i tentativi di porre fine alla guerra civile somala, iniziata nel 1991, sono falliti.

La vita continua, nonostante tutto



Un pescatore somalo ritorna sulla spiaggia dopo aver preso un pescespada.

05 settembre 2007

Giornalisti in fuga da Mogadiscio

Il sindacato nazionale dei giornalisti Somali (Nusoj) ha lanciato l’allarme contro “l’ondata di terrore” che ha costretto numerosi giornalisti a fuggire da Mogadiscio e cercare riparo nei paesi circostanti. Secondo la nota, almeno una trentina di giornalisti ha lasciato negli ultimi giorni la capitale somala dopo aver ricevuto ripetute e realistiche minacce di morte. Almeno una decina di questi, però, si troverebbero bloccati alla frontiera con il Kenya, chiusa dallo scorso dicembre, da quando cioè sono iniziate le operazioni militari etiopi che hanno portato alla cacciata delle Corti Islamiche e all’insediamento nel paese del governo federale di transizione. "Chiediamo al governo di transizione di aiutare questi giornalisti ad entrare in Kenya e chiediamo alla comunità internazionale di prestare attenzione anche a questo aspetto della grave crisi umanitaria che investe il paese” scrive in una nota Omar Faruk Osman, segretario generale del sindacato, il quale, rivolgendosi al Kenya, ricorda come Nairobi abbia “un obbligo internazionale nell’aprire le sue porte ai civili in fuga e permettere loro si restare nel loro territorio in maniera legale”. La situazione, aggiunge Faruk Osman, “prova quanto sia diventato pericoloso fare il giornalista in Somalia”, per questo “chiediamo alla comunità internazionale di fornire aiuto umanitario a questi giornalisti in fuga”. Dall’inizio del 2007 sono sette i giornalisti somali assassinati.