22 febbraio 2006

Ilaria Alpi



C’e’ un’altra importante presenza italiana a Mogadiscio, dopo anni di vuoto e di paura. Un’industria farmaceutica di Roma con molto coraggio ha messo in piedi una struttura che produce antibiotici e antidolorifici. Quasi una sfida. E’ un caso, ma quando esco Mohammud mi spiega: questa e’ la strada dove hanno ucciso Ilaria Alpi. Non posso andare via dalla Somalia senza chiedere. Mi portano allora da un professore dell’universita’ di Mogadiscio. Si chiama Yahya Amir, e’ stato a capo della delegazione che ha accompagnato in Italia Hashi Omar Hassan, il ragazzo condannato per l’omicidio della giornalista italiana. Dice che Hashi e’ innocente, che e’ stato incastrato. Poi va via. Non ha detto niente, ma è convinto di avere anche detto troppo. M’informo. L’autista di Ilaria e’ morto, mi dicono a una radio locale, per uno strano incidente stradale. Ed e’ morto pure l’amico che l’aveva soccorso. Una scia di morti. Quelli che io chiamo i miei diavoli custodi mi avvertono: “C’e’ una brutta aria. La tribu’ di Hashi vi cerca, vuole rapirvi per scambiarvi con lui”. Mi chiamano anche da Nairobi. L’invito e’ chiaro: “Andate via piu’ presto possibile. Secondo un’informativa delle Nazioni Unite in Somalia sta per scoppiare l’inferno”. Come se adesso questo fosse il paradiso.

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