11 ottobre 2007
Un'altra strage di militari
Un camioncino con a bordo un kamikaze (probabilmente straniero) è saltato in aria a Baidoa, sede del parlamento somalo, nella base dei soldati etiopici alleati del governo, di fronte all’hotel Baikin. Non è ancora chiaro il numero dei morti. Fonti ufficiali affermano che hanno perso la vita solo tre etiopi, ma testimoni contattati dal Corriere sostengono che c’è stata una strage e i morti sarebbero decine: «Abbiamo visto parecchi corpi bruciacchiati accasciati al suolo». L’attentatore ha seguito una colonna di militari e, nel momento in cui questi sono entrati nella loro quartier generale, ha cercato di intrufolarvisi. Le sentinelle non si sono fatte sorprendere e hanno sparato contro l’auto dell’intruso che prima di schiantarsi sul muro di cinta si è fatto esplodere. La base è la più grande organizzata in Somalia dall’esercito etiopico, entrato nel Paese per aiutare il Governo Federale di Transizione alla fine dello scorso dicembre. Dista cento metri dall’abitazione del primo ministro Ali Mohammed Gedi. Un agente dell’intelligence somala, contattato al telefono a Baidoa, ha mantenuto un basso profilo raccontando che «solo due soldati etiopici sono stati feriti. Avevamo già saputo che si stava organizzando un attentato – ha aggiunto - per questo avevamo allertato tutti. E per questo l’attentato non è andato a buon fine. Poteva essere una strage». A Baidoa è stato imposto il coprifuoco. Migliaia di militari stanno presidiando le strade della città alla ricerca delle cellule islamiche. Per altro gli integralisti hanno annunciato per la fine del ramadam (venerdì è ultimo giorno) una campagna di attentati contro gli “invasori” etiopici e i somali collaborazionisti. Ogni giorno a Mogadiscio c’è almeno un omicidio politico. Il mercato di Bakara, il più grande della capitale, è ormai sotto il controllo degli insorti. Mercoledì mattina sono stati visti miliziani ribelli distribuire pistole ai ragazzini per sparare agli agenti di polizia che tentano di riprendere il dominio sulla zona. Tutto questo accade mentre c’è una crisi politica profonda: il presidente Abdullahi Yusuf e il primo ministro Ali Mohammed Gedi sono ai ferri corti e la maggioranza dei ministri, 22 su 32, , d’accordo con il Capo dello Stato, vuole sbarazzarsi del premier. Infine il governo ha ordinato alle società che gestiscono i telefoni cellulari (in Somalia ce ne sono quattro) di tagliare le linee a coloro che comunicano mascherando il loro numero. Telefonate di minaccia sono ormai la consuetudine in Somalia. Gli americani sembra che stiano preparando una nuova offensiva: un gruppo di marines (una quindicina) si è intanto stabilito nella base aerea di Balidogle, a sud ovest di Mogadiscio, mentre un secondo si è piazzato a Galkayo, nel nord della Somalia. Le due basi statunitensi ufficialmente servono come centri di addestramento di unità somale da impiegare nella lotta al terrorismo e ai militanti di Al Qaeda che hanno organizzato santuari nell’ex colonia italiana. Corriere.it
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